E’ interessante ricordare una collaborazione particolarmente fruttuosa tra il visionario regista tetrale e operistico recentemente scomparso e un’artista completa come musicista, cantante e attrice quale Raina Kabaivanska. Nel dicembre scorso Luca Ronconi scriveva alla Kabaivanska per il suo compleanno : “Raina, se nel lungo catalogo dei miei spettacoli ne metto tre ai primissimi – primissimi! – posti ( Capriccio, Affaire Makropoulos, Turn of the Screw), è dovuto alla fortuna di averli fatti, potrei dire, insieme a te. Collaborazione che mi piace pensare che si sia col tempo trasformata in amicizia. Ovviamente l’ammirazione c’era da prima, per la tua classe, per la tua impeccabile musicalità. Ma quando ci siamo trovati insieme in palcoscenico, che bellezza!”
All’inizio del rapporto con Ronconi la Kabaivanska godeva dello status di cult singer, con interpretazioni di ruoli italiani elaborate con grande musicalità e abilità di attrice. Decise di allargare il repertorio al Novecento internazionale. Conosceva Ronconi da tempo, perché era amico di suo marito Franco. Franco e Luca avevano frequentato insieme l’Accademia di Arte Drammatica a Roma, e – come avviene in gioventù – amavano ridere dell’opera lirica. Un atteggiamento che l’intervistatrice può confermare
Nel 1986 il Sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna, Carlo Fontana, volle fare un regalo a Raina: le chiese quale nuova opera desiderasse debuttare. Lei gli parlò del suo amore per Strauss, ma aggiunse che aveva timore di cantare in lingua tedesca. Fontana le concesse di cantare Capriccio in italiano, anzi, commissionò la traduzione al grande musicologo Fedele D’Amico; poi scritturò Luca Ronconi e Margherita Palli per la regìa e le scene
Innovativo e controverso, Ronconi aveva debuttato nell’opera nel 1971. Il suo teatro è fuori dal tempo, è fatto di prigioni, di cripte, di macchine, di automi, un teatro che esibisce l’artificio, esalta il trucco e l’inganno. Idolo di un pubblico nell’insieme conservatore, la Kabaivanska si affida a un innovatore e affianca a Tosca, Cio-Cio-San e Adriana la Contessa Madeleine di Capriccio.
“Era ora di affrontare un nuovo mondo”, afferma Raina. “Sono musicista, ma prima di vedere la partitura devo convincermi che il personaggio mi interessa”. A Bologna nell’1987 il tema di Capriccio, del tempo che non si rassegna a passare, diventa metafora di estenuazione e di fine, e per il regista e la protagonista costituisce il perno del libretto. Per l’ultima scena Ronconi medita “ Raina ha una forza interpretativa impressionante. Se la lascio sola nel teatro vuoto riuscirà a reggere questa situazione?”
“Luca vuotò tutto il palcoscenico dietro di me”, racconta Raina. “Collocò la luce all’esterno del teatro, in strada! Entrava da una finestra in alto. Poi scendevano gli specchi e cominciavano a ruotare. Io passeggiavo in questa striscia di luce. Se dovessi salvare una sola cosa di ciò che ho fatto, ebbene, sarebbe il monologo di Madeleine».
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